Il senso della vita è il cammino, non la meta.
Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa
Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa

Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa

La salita alla Capanna Margherita, il rifugio più alto d’Europa è una delle esperienze più emozionanti e ambite da chi ama la montagna, quella vera! La Punta Gnifetti con i suoi 4554 metri consente allo sguardo di spaziare dalla vertiginosa parete sud del Monte Rosa su Alagna e la Val Sesia, perdendosi nella pianura Padana fino alle Alpi Marittime. Facile avvertire una certa vertigine una volta raggiunta la vetta. Una escursione alla Capanna Margherita è una prova di resistenza, una vera e propria sfida con noi stessi, quasi un viaggio nella propria storia personale, una voglia incontenibile di scoperta, qualcosa di irrazionale se si pensa alla fatica fisica e mentale che si affronta durante l’ascesa.

La nostra avventura è iniziata da Gressoney La-Trinité con un primo obiettivo, il Rifugio Gnifetti a 3647 m quindi consapevoli che le notti insonni saranno due!

Siamo avvolti da una nebbia, che rende tutto misterioso ed ancora più difficile da immaginare, ma lasciatemelo dire che fascino!

La nebbia ci accompagna sino al Rifugio Gnifetti

Con un paio di ore di cammino, attraverso il ghiacciaio di Indren ed una facile ferrata si raggiunge il rifugio Gnifetti.

Ogni rifugio ha un suo charme, il calore del legno, le tavolate conviviali, le camerate, i panorami mozzafiato, qui tutto è condiviso dal pane alla fatica! Il tempo è fatto di sguardi, parole e ore appese in attesa della prossima ascesa.

La mattina successiva sveglia all’alba una bella colazione e poi imbracatura, ramponi e piccone verso il nostro obiettivo, sua maestà la Capanna Margherita! Un caffè dalla terrazza del rifugio mentre inizia ad albeggiare è sicuramente uno stimolo a non mollare!

Inizio spettacolare, in una giornata di fine agosto dal cielo limpido si passa dalle ultime stelle alla cima del Monte Bianco illuminata d’arancione. Crepacci, ponti di neve e seracchi ed un mare di bianco infinito ad accompagnaci, nel silenzio che riflette la concentrazione e tenacia di ognuno di noi. 

Ci vogliono tra le 4 e le 5 ore di cammino, considerando qualche piccola sosta per riprendersi dalla fatica, bere un thè caldo e riempirsi gli occhi e l’anima con vista mozzafiato a destra il Colle Lys, ecco la Piramide Vincent con la statua del Cristo delle Vette, il Corno Nero e la Punta Parrot; a sinistra il Lyscamm con la sua spaventosa quanto perfetta parete e l’inconfondibile sagoma del Cervino. Guardando le altre cordate muoversi in questo paradiso di infinite possibilità, nasce già il desiderio di nuove avventure!

Arrivo in vetta verso mezzogiorno, il cuore a mille per la gioia ma soprattutto per l’altitudine, non nascondo una certa emozione per aver raggiunto un luogo sacro, costruito con meno di 18 mila lire a seguito della decisione presa dal CAI di Torino nel 1889. Fu inaugurata il 18 agosto del 1893 alla presenza di una donna straordinaria (prima donna a raggiungere quella quota) la regina Margherita di Savoia.

La scelta del nome “capanna” la capisci solo quando la raggiungi, confortevole data l’altitudine ma totalmente spartana. L’acqua corrente sarebbe un lusso….ma qui non si trovano neppure i lavandini! Si dorme in camerate di 8 persone, in prevalenza uomini (purtroppo durante queste scalate le quote rosa sono quasi inesistenti e quasi mai italiane).

Il tempo sembra non passare mai, isolati ed ovattati dalla neve e protetti dai giganti che ci circondano. Siamo tutti in attesa di uscire per goderci il tramonto sul Cervino, la cena preparata dagli sherpa e la lunga notte di riposo. Sveglia alle 4:00, colazione veloce e poi via verso la la discesa accompagnati dai primi raggi di sole. La notte non ha portato il riposo desiderato, la testa fa male il cuore batte forte ma l’idea di scendere dove l’aria ha più ossigeno mi da la forza di imbracarmi di nuovo.

Durante la scalata si incontrano purtroppo tanti seracchi e buchi sempre più grandi che non fanno ben sperare per il futuro. La montagna come il mare andrebbe rispettata e preservata.

Paolo Cognetti scrive nelle “Le otto montagne”:

“Ognuno di noi ha una quota prediletta in montagna, un paesaggio che gli somiglia e dove si sente bene.” La mia si chiama Punta Gnifetti!

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